“I guerrieri non si aggiudicano la vittoria battendo la testa contro i muri, ma oltrepassandoli. I guerrieri saltano al di là dei muri, non li demoliscono”.
Carlos Castaneda, La Ruota del Tempo
La serie di fotografie racchiuse sotto il nome di The Way of the Shaman, La via dello Sciamano, realizzate per Felipe Cardeña Project da Stefania Spadoni in occasione della seconda edizione dell’Alzheimer Fest e realizzate grazie al contributo di Fondazione Maimeri, è un’ulteriore tappa nel percorso creativo e di crescita della Felipe Cardeña Crew, che, come in altre occasioni, rovescia il punto di vista sul mondo: la persona colpita da Alzheimer, considerata dalla società un malato da tollerare, da aiutare o al massimo da compatire, viene invece assurto, nella concezione “tribale” della crew, al ruolo di “Capo tribù” di un gruppo che ha per l’appunto fatto dell’immaginazione, dell’inconoscibile oltre che della potenza e della vastità della propria visione interiore (punti nevralgici della malattia degenerativa) il proprio punto di forza e la chiave di riferimento del mondo.
Nata, come in un antico romanzo picaresco, un po’ per gioco e un po’ per caso, sulla soglia che separa l’infanzia dall’età della ragione, da parte di un gruppo di adolescenti di diversa provenienza e formazione, la Felipe Cardeña Crew è oggi un gruppo organico e affiatato di ragazzi che, oltre a intervenire, decorando e lavorando, con assoluta libertà e inventiva, sulle opere originali di Felipe Cardeña, ne anima sistematicamente i progetti artistici, sostituendosi, con un gioco consapevole di mistificazione e di détournement identitario, all’autore originale con performance, video e fotografie, secondo l’idea – cara al progetto che ruota intorno al nome dell’artista di origine ispanica – che l’arte sia prima di tutto gioco, immaginazione, divertimento, libertà, eccesso, provocazione e paradosso, oltre che ribaltamento dei ruoli e mistificazione creativa e consapevole di quel che noi crediamo sia il “reale”.
In questo modo è cresciuta e ha preso vita la prima crew di ragazzi-artisti, incuranti della propria inesperienza delle regole e dei dettami imposti dal sistema dell’arte, orgogliosi della propria inesauribile vitalità e della propria “scandalosa” giovinezza, in un sistema dove un artista è incredibilmente considerato ancora “giovane” a quarant’anni suonati. Il loro manifesto teorico è racchiuso in quel curioso proclama, realizzato e declamato alcuni mesi fa in una performance nel centro di Milano, intitolato “Gioia e Rivoluzione”, dove i ragazzi recitavano (in tre lingue diverse): “Noi oggi, che come i futuristi della prima ora non abbiamo padri né nonni cui portare rispetto, noi, il più vecchio dei quali non ha ancora compiuto vent’anni, noi dichiariamo solennemente qua, che la vecchia era è morta, perché il turno dell’immaginazione è finalmente arrivato… Le nostre sole armi saranno quelle dell’irriverenza, della baldanza e della mancanza di buon senso. I nostri alleati, tutti coloro che non hanno paura di volare”.
Ecco allora che, anche nel loro ultimo progetto, The Way of the Shaman, la chiave del lavoro appare proprio quello della ricerca di uno spazio di libertà: libertà dai condizionamenti culturali, dalle regole sociali e dagli stereotipi. Gli anziani pazienti, acconciati per l’occasione con le stoffe e i vestiti autoprodotti e ideati dai ragazzi della crew (confezionati a mano e fortemente debitori di un’estetica di tipo guerrigliero-hippy), vengono così ad assumere, nella finzione fotografica, il ruolo di Grandi vecchi, di “Capi indiani”, se non addirittura di sciamani o guaritori, capaci, proprio tramite la loro malattia, di relazionarsi con le forze della natura e con le energie sottili del cosmo, ormai divenute fatalmente invisibili agli uomini “civilizzati”. E trovando così un’inaspettata consonanza e vicinanza di visioni con i ragazzi della crew, che della libertà dell’immaginazione e dell’abbandono della razionalità hanno fatto la loro principale bandiera.
“La gente dice: È matto. Oppure: Vive in un mondo di fantasia”, scrive Paulo Coelho. “Ma il guerriero continua ad ascoltare il vento e a parlare con le stelle”. Analogamente, anche i guerrieri della crew di Felipe Cardeña continuano ad ascoltare il vento e a parlare con le stelle, incuranti dell’incomprensione del mondo cosiddetto “adulto”.