Una giornata particolare
Nessuno sa esattamente come arrivò a frequentare la casa rossa. Spariva per giorni e giorni, poi improvvisamente ricompariva. Ma sentiva tutto, vedeva tutto. Era il preferito di Bugs che gli permetteva qualsiasi cosa. Anche assistere ai suoi deliziosi supplizi. Quel giorno Bugs si era fatto legare quando lui con un balzo gli fu sopra. Lei urlava, spaventata, cercava di portarlo via, non capiva. «Per favore, qualcuno faccia qualcosa», ripeteva, «qualcuno mi aiuti». Ma nessuno sentiva. Solo gli occhi trasparenti del gatto la guardavano, non la lasciavano un attimo, spingendola sempre di più nell’angolo della stanza.
Lorenzo Viganò
Nottetempo, casa per casa
È vero era stata lei. Lo aveva avvelenato “truccando” il ghiaccio con cui raffreddava il suo doppio malto che non sopportava liscio. Qui non importa capire perché lo fece. Lo uccise e basta. E ora era pronta a pagarne le conseguenze, se necessario. Ma quel manifesto, quel manifesto proprio non le rendeva giustizia. Chi aveva disegnato l’identikit? Quella non era lei: quel viso impaurito, incerto, un po’ smarrito non era certo il suo. Così la notte, di nascosto, rischiando di essere scoperta, andava strappandolo di porta in porta. La vanità femminile.
Lorenzo Viganò
Un’idea improvvisa
Nel club per soli uomini nel down town della città dicono che da un po’ di tempo succedono strane cose. I clienti che lasciano la giacca al guardaroba si ritrovano nelle tasche mazzette di banconote che prima non avevano. C’è chi giura di aver visto Betty, addetta alla loro custodia, infilarli di nascosto dopo averli presi dalla cassa. «Paga gli uomini perché escano con lei», ha confessato uno di loro. «Ma no, non mi chieda che cosa mi ha chiesto di fare. Non me lo chieda, per favore. Non posso, non posso proprio dirglielo».
Lorenzo Viganò
Troppo tardi
Gli disse che lo avrebbe aspettato al solito posto, all’incrocio di fronte al Diner. Di portare il ferro e i soldi, si raccomandò. Non c’era niente da temere: lei sapeva e li avrebbe aiutati. Lei era dalla loro parte. Arrivò all’appuntamento, ma non vide nessuno. Quando si accorse che era una trappola non c’era ormai più niente da fare. Gli furono addosso in un attimo. Fece appena in tempo a vederla, nella penombra, tagliata dalla luce di un lampione. Sorrideva.
Lorenzo Viganò
Una visita inaspettata
Non dirò niente, lo giuro, neanche una parola. Perché dovrei, perché dovrei. Me ne andrò via, lontano, dove nessuno potrà mai riconoscermi, non voglio niente, niente. Vi lascio tutto quello che ho, è poco, ma prendetevelo pure. Solo lasciatemi andare, portatemi via da questo posto buio, ho freddo, sono stanca. Ma perché risalite in macchina e mi lasciate qui? Perché avete acceso il motore e mi puntate i fari addosso? Ascoltatemi, vi prego. Fermi, fermi. Noooo!
Lorenzo Viganò
Tutto per caso
Seduto al banco degli imputati, la cercava con lo sguardo, tra la folla che riempiva l’aula del tribunale. «Allora», disse il giudice. «Ormai è evidente che non può aver fatto tutto da solo. Chi c’era con lei?». Prese fiato per rispondere, e a quel punto, la vide. Era elegante, come al solito. Bella, bellissima. Lei fece un piccolo gesto, senza guardarlo negli occhi. Come a dire che tutto era a posto. «Ero da solo, vostro onore. Completamente solo». Quando il pubblico rientrò nell’aula per ascoltare la sentenza, lei non c’era più. Mentre lo portavano via con le manette ai polsi, la cercava ancora: voltava la testa a destra e a sinistra, a sinistra e a destra. Senza accorgersi che il mondo si stava allontanando a ogni passo di più, chiudendosi per sempre alle sue spalle.
Lorenzo Viganò
L'esprit de l'escalier
Il rumore della porta che sbatte mi dice che è finita. Se ne è andato per sempre, questa volta. Eppure non provo dolore. Non sento niente: nessun rimorso, nessun rimpianto. Niente. Fumo. Il suono dei suoi passi sulle scale si affievolisce sempre di più. Quando mi ha detto: «Basta, me ne vado», avrei voluto rispondergli: «No, mio caro, sono io che ti caccio: perché sei un bastardo. Mi hai umiliata, calpestata, presa in giro. Usata. Vattene». Invece ero come imbambolata, impaurita, paralizzata di fronte ai suoi occhi di bambino (che anche in quel momento non smettevano di guardarmi nella scollatura). A lei dirà che è stato lui a lasciarmi, e quella gli si struscerà addosso facendo le fusa. Poverina.
Lorenzo Viganò